A quanto pare il Sito Archeologico di Ostia Antica non smette di regalare sorprese agli archeologi. Ostia, la prima colonia romana, fondata secondo la tradizione, nel VII sec. a.C. da Anco Marzio, è più grande di Pompei; questa è la conclusione a cui sono arrivati gli archeologi dellaSoprintendenza speciale ai Beni Archeologici di Roma Angelo Pellegrino, Paola Germoni, Martin Millettdella University of Cambridge e Simon Keaydella Southampton University. La Soprintendenza archeologica di Roma ritiene questa scoperta un “risultato eccezionale: nel I secolo a. C., il Tevere non chiudeva la città a Nord, ma la divideva in due parti“.
Lo studio dell’area, che si trova ad una manciata di chilometri dall’aeroporto internazionale Leonardo Da Vinci a Fiumicino, è partito nel 2007 ed ha impiegato tecnologie all’avanguardia.

Il team di archeologi, italiani e stranieri, ha intrapreso indagini geofisiche nella zona compresa tra gli antichi scali portuali di Ostia e Portus. La magnetometria ha così permesso di scannerizzare la zona verificando le anomalie, identificando le strutture murarie, le strade e le antiche mura nascoste nel sottosuolo. Lungo la cinta muraria sono state identificate delle torri di notevoli dimensioni (6×8 m); tra queste e il letto del fiume sono stati identificati perlomeno quattro grandi edifici, il più imponente ha misure di 83×75 m; sono le strutture più ampie trovate sinora ad Ostia. Gli studiosi sono stati così in grado di restituire una planimetria della città in versione “integrale“, mostrando una città non chiusa dal Tevere, ma bensì divisa dallo stesso fiume in due parti, estendendo così le strutture cittadine anche sull’Isola Sacra.

Questa scoperta ci permette di comprendere che lo spazio destinato allo stoccaggio delle merci, in attesa di essere trasportate in città, è molto più ampio di quello che si è immaginato fino ad ora, cambia, così, anche l’ottica nella quale consideravamo gli scambi commerciali sul Tevere sia nel periodo repubblicano che, poi, in quello imperiale.

I risultati della ricerca sono stati presentati a metà aprile a Palazzo Massimo dalla Soprintendente ai beni archeologici di Roma, Mariarosaria Barbera, Paola Germoni, Simon Keay e dall’archeologo Fausto Zevi. “E’ una sorpresa – ha dichiarato la Barbera – ma anche il risultato di una progettazione comune che ha trovato terreno fertile non solo con gli accordi con gli istituti stranieri, ma che affonda le sue radici nella politica di tutela degli anni sessanta. Il vincolo apposto nel ’62 ha consentito la conservazione e il successivo varo di questo progetto a cui la soprintendenza pensava da molto tempo. I risultati sono strepitosi e ci inducono a ben sperare nel futuro”, anche se “non sara’ più sotto forma di campagne di scavi, che non ci possiamo più permettere, ma sarà con scavi mirati sulla base dei risultati della ricerca geofisica“.
Continua poi “Sulle mura, a intervalli regolari, si evidenziano grandi torri di sei metri per otto. Tra il Tevere e le mura gli studiosi hanno individuato almeno quattro grandi edifici . Tre dei quali presentano caratteristiche simili a quelle dei magazzini presenti nelle aree già scavate di Ostia, con una pianta di 83 metri per 75 per il più grande“. Prosegue poi dicendo che “La presenza di grandi aree di stoccaggio nella parte di Ostia a nord del Tevere riapre il tema delle dimensioni degli scambi commerciali che si svolgevano sulle sponde del fiume nei primi due secoli del millennio“. “L’indagine geomagnetometrica, infatti, aumenta di circa il 50% lo spazio dedicato a depositi di merci che aumenta ad almeno 70 mila metri quadrati, indicazioni che non mancheranno di influire sulla ricostruzione della topografia di una delle città romane più importanti del Mediterraneo“.