La storia del Rock vive di personaggi esuberanti, eccentrici, fuori dalle regole.
Se poi questi personaggi escono dalla scena prematuramente a causa degli eccessi che sono stati il leit motiv della loro vita, il mito non tramonta facilmente. E’ stato così per Presley, Jimi Hendrix, Jim Morrison. Recentemente il fenomeno dell’adorazione del mito si è riacceso con la scomparsa di Michael Jackson.
Nel novero dei “dannati divini” dobbiamo ricordare il cantante e leader del gruppo dei Queen, che ha rappresentato uno dei fenomeni musicali più interessanti provenienti da oltremanica per un ventennio. Oggi ricorre il diciottesimo anniversario della morte di Farrock Bulsara, vero nome di quell’animale da palcoscenico conosciuto in tutto il mondo col nome di Freddie Mercury.
Sulla musica dei Queen si è detto tutto, c’è chi li ama e chi li denigra, a causa di una linea musicale non sempre identificabile con gli schemi costruiti dai critici e per alcuni ammiccamenti alla “disco” e a generi commerciali (specialmente negli album “The Game” e “Hot Space”. Ma nessuno può dimenticare autentici capolavori, come “Bohemian Rapsody” o “We are the Champions”, “Don’t stop me now” o “Who wants to live forever?” per non dimenticare la struggente “The show must go on”, vero testamento musicale lasciato da Mercury ai suoi fan.
Per ricordare la figura di Mercury vorrei citare due particolari. La straordinaria empatia col pubblico che dimostrava nei concerti dal vivo. Una giuria di esperti ha votato l’esibizione dei Queen durante il Live Aid’s del 1985 come la migliore performance dal vivo di tutta la storia del rock.
Nel 1987 Mercury scrisse “Barcelona”, canzone cantata da lui e dalla soprano catalana Monserrat Caballè. Il brano, composto per le Olimpiadi del 1992 è il primo che coniuga due voci che sembavano tra loro incompatibili, con un livello qualitativo mai raggiunto da nessun’altra esibizione.
Addio Freddie
Se poi questi personaggi escono dalla scena prematuramente a causa degli eccessi che sono stati il leit motiv della loro vita, il mito non tramonta facilmente. E’ stato così per Presley, Jimi Hendrix, Jim Morrison. Recentemente il fenomeno dell’adorazione del mito si è riacceso con la scomparsa di Michael Jackson.
Nel novero dei “dannati divini” dobbiamo ricordare il cantante e leader del gruppo dei Queen, che ha rappresentato uno dei fenomeni musicali più interessanti provenienti da oltremanica per un ventennio. Oggi ricorre il diciottesimo anniversario della morte di Farrock Bulsara, vero nome di quell’animale da palcoscenico conosciuto in tutto il mondo col nome di Freddie Mercury.
Sulla musica dei Queen si è detto tutto, c’è chi li ama e chi li denigra, a causa di una linea musicale non sempre identificabile con gli schemi costruiti dai critici e per alcuni ammiccamenti alla “disco” e a generi commerciali (specialmente negli album “The Game” e “Hot Space”. Ma nessuno può dimenticare autentici capolavori, come “Bohemian Rapsody” o “We are the Champions”, “Don’t stop me now” o “Who wants to live forever?” per non dimenticare la struggente “The show must go on”, vero testamento musicale lasciato da Mercury ai suoi fan.
Per ricordare la figura di Mercury vorrei citare due particolari. La straordinaria empatia col pubblico che dimostrava nei concerti dal vivo. Una giuria di esperti ha votato l’esibizione dei Queen durante il Live Aid’s del 1985 come la migliore performance dal vivo di tutta la storia del rock.
Nel 1987 Mercury scrisse “Barcelona”, canzone cantata da lui e dalla soprano catalana Monserrat Caballè. Il brano, composto per le Olimpiadi del 1992 è il primo che coniuga due voci che sembavano tra loro incompatibili, con un livello qualitativo mai raggiunto da nessun’altra esibizione.
Addio Freddie
Silvio Rossi [foldergallery folder=”cms/file/BLOG/903/” title=”903″]
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