Una sorta di “fil rouge” unisce quasi tutti i brani eseguiti da Anna Catarci accompagnata al pianoforte dal maestro Stefano Giannini: quello di una donna innamorata inevitabilmente destinata all’infelicità, come d’altra parte la maggior parte delle figure femminili del dramma lirico.
Limitativo forse usare termine ‘esecuzioni’ perché la bravissima soprano anguillarina è invece una splendida interprete che raggiunge pienamente la platea senza bisogno di scenografie o costumi particolari.
Una vita dedicata alla “musica importante” quella di Anna Catarci. Da giovanissima fu prima alunna di flauto dolce e in seguito, con il suo primo strumento d’acciaio entrò in Conservatorio dove si diplomò con il massimo dei voti con il maestro Persichilli. In seguito intraprese la strada del canto lirico sotto la guida della signora Nizza, recentemente scomparsa, alla quale la Catarci ha voluto dedicare proprio il concerto della vigilia dell’Epifania.
Oggi Anna Catarci è un soprano affermato che non esita a cimentarsi in brani che sono stati quasi tutti cavalli di battaglia di Maria Callas, e lo fa passando da una struggente Tosca che lamenta a Dio di essere stata mal ripagata, ad una Cio Cio San che spera in qualcosa in cui nemmeno la serva Suzuki continua a credere, con una chiarezza di toni che emozionano l’attentissimo uditorio, purtroppo non numeroso ma sicuramente di qualità.
Tra gli altri brani interpretati, anche quelli di compositori quali Mozart, Bellini, Donizetti, le cui famosissime arie hanno riscosso il pieno gradimento del pubblico tra il quale spiccava l’orgoglio di papà Catarci che in prima fila, insieme con i consiglieri Casasanta e Giontella (quest’ultimo fiero cugino di cotanta artista), non si sono persi nessun particolare dell’evento.
La chiusura del concerto, e il graditissimo bis, Anna Catarci lo ha affida ad un bolero per voce e piano: “Les filles de Cadix”; un brano poco conosciuto, ma apprezzabilissimo, del compositore francese Léo Delibes autore tra l’altro del famoso balletto Coppèlia.
Un concerto sicuramente di pregio che secondo chi scrive avrebbe meritato un’affluenza di pubblico maggiore anche perché l’artista è una delle poche realtà prodotte dal territorio che altrove riscuote grandissimi successi. “Nemo propheta in patria”, evidentemente.