Nel 2014 usciva la prima raccolta di poesia di Giulia Zandonadi, Le pietre e la carne che, per certo aspetti, nel suo linguaggio fatto di immagini, di moduli, di perlustrazioni interiori, rappresentava l’inizio del percorso poetico tutto proteso verso una parola che diventasse carne e sangue ma anche ansia e rigore comunicativo con il lettore.

Con questa nuova raccolta, Dialoghi con Buber, uscita recentemente da LietoColle, Giulia Zandonadi sembra raccogliere le sue forze per raggiungere il lettore perché ciò che lei desidera fortemente è conoscere di più se stessa e il suo lettore e, per farlo, si avvale della profondità del pensiero di Martin Buber.

Non a caso, nella “nota dell’autore” che apre questo libro cita un brano molto significativo di Buber tratto da “Sul dialogo. Parole che attraversano” in cui si legge:

“(…) Ma non mi interessa la purezza. L’opacità mi interessa, ciò che è inceppato, il trantran, la fatica, l’assurdità ottusa – e il varco. Si tratta di questo varco, non di una pienezza, e non del varco che proviene dalla disperazione, con le sue violenze micidiali e continue; no, non del varco grandioso, catastrofico, unico (…), ma del varco ce proviene dallo stato di ripugnanza repressa, di riluttanza, di assurdità in cui vive l’uomo che prendo a caso dal mucchio, e in cui egli può aprire un varco, e qualche volta lo apre (…)”

La Zandonadi, con questa nuova raccolta, cerca di fare proprio questo, aprire un varco, nei recessi del pensiero e del mondo, con la forza della parola e della poesia:

“Parole che attraversano. Lo vedo, sai?/ Lo vedo costruirsi, hanno una luce,/ vivono nei recessi/ del nostro pensiero, del mondo,/brillano per chi crede,/ e io le incido sulla pelle/ per carpirne l’energia.// Ribelli, l’inchiostro vi ha impresse nella carne/ e nel sangue, siete la verità/ che ha messo radici inestirpabili./ Ed io con voi, viva di vivo ardore, traghetto desideri di libertà.”

LietoColle

http://www.lietocolle.com/2016/06/anteprima-editoriale-giulia-zandonadi-dialoghi-con-buber/