Sono di questi giorni due notizie che dovrebbero indurci a riflettere sul punto in cui la nostra società sia ormai giunta. Mentre in una stazione del metrò di Roma un barbone stava per esser linciato dalla folla dopo aver abbandonato il suo cagnolino che era rimasto incastrato con le zampe tra i grandini della scala mobile; a Napoli, un musicista di strada, ferito da una sparatoria tra clan all’entrata della metro, moriva tra le urla della moglie e l’indifferenza dei passanti che accedevano ai tornelli della metro.
Com’è possibile che un cucciolo di cane ferito attiri attenzione e quindi soccorsi immediati mentre un uomo ferito da una pallottola no?
Molto in questa assurda vicenda è da ricondursi alle condizioni in cui oggi viviamo. La stampa, la TV, i racconti di  eventi tragici accaduti a persone a noi vicine, inducono a fidarsi meno del prossimo, a guardarsi dalle persone che non si conoscono, a vedere la malafede negli sguardi delle persone incontrate per strada. E così siamo tanto preoccupati a badare a noi che non ci accorgiamo di quello che ci accade intorno. Per alcuni questo è lo scotto da pagare per la troppa globalizzazione, le conseguenze di atti terroristici e dei fatti di cronaca. Sì, potrebbe esser così, ma come si fa a vivere nell’indifferenza più totale con le persone che ci circondano? Come si può annullare la compassione umana? Come si può non soccorrere una persona bisognosa d’aiuto senza pensare che potremmo esserci noi in quella stessa situazione?
Le immagini di quel giovane ferito e morente hanno attraversato i Tg di tutta Italia e non solo, speriamo (anche se non si dovrebbe arrivare a tanto) che questo tragico evento ci faccia fermare a riflettere. Possiamo affermare ancora di esser un paese civile?
Madre Teresa di Calcutta scrisse “E’ facile amare le persone lontane, molto facile pensare alla gente che muore di fame in India. Ma prima dovete vedere se regna l’amore in casa vostra e in quella vicina, nella vostra città, attorno a voi…”

 

Valeria Gregorio

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